Il termine depressione deriva dal latino deprimere, da cui il participio passato depressus. Il significato semantico di questo termine indica l’atto di portare a un livello più basso e, figurativamente, con un senso attivo di umiliare, di avvilire.
Il concetto di depressione, come malattia, si ritrova per la prima volta all’interno degli scritti attribuiti a Ippocrate (460 a.c.-377 a.c.), in cui è presente il termine melanconia ( melos= nero e cholè= bile). Il medico greco sosteneva che il normale funzionamento del cervello dipendesse da un delicato equilibrio di quattro umori, o fluidi corporei: il sangue, la bile nera, la bile gialla e il flegma. Il disequilibrio di questi quattro umori portava al disturbo.
La melanconia dipendeva da un eccesso di bile nera e il suo quadro clinico della melanconia era formato da: calo dell’appetito, abulia, insonnia, agitazione. Il termine melanconia viene utilizzato anche da Aristotele, il quale, nei suoi scritti, sottolinea una certa relazione tra la condizione melanconica e l’essere degli uomini straordinari nella filosofia, nella politica, nella poesia, nelle diverse arti (melancholikoì). Durante l’Impero Romano compare l’utilizzo dell’espressione tedium vitae che indicava un mal di vivere, un sentimento di disgusto nei confronti della vita e veniva associato a numerosi suicidi nelle varie categorie sociali.
Il termine depressione venne introdotto negli anni ’20 da Adolf Meyer che, influenzato dalle nuove teorie della psicoanalisi, considerava i disturbi psichiatrici condizionati dagli avvenimenti della vita dell’individuo piuttosto che da condizioni organiche, proponendo un quadro misto sociale e biologico.
Nel corso dei secoli, l’unità simbolica “depressione”, utilizzata attualmente tanto nel discorso psicologico quanto nel dire del senso comune, presenta numerosi aspetti comuni con l’accezione originaria. Si pensi al significato di “melanconia” ippocratica e come esso risulta sovrapponibile con la definizione moderna di depressione presente nel DSM V (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi mentali): un quadro clinico caratterizzato da umore deflesso ed una serie di sintomi vegetativi, motivazionali ed ideativi.
All’interno dei paradigmi interazionisti, il costrutto di depressione si configura come un prodotto di processi di interazione tra le persone, legato ai valori, alle credenze, alla cultura piuttosto che una disposizione interna all’individuo. Il focus si pone non sull’individuazione di cause, ma sul come viene costruito il senso della realtà “depressione”: come si arriva a definire che si sta vivendo un periodo di “depressione”? come lo si può descrivere? quali sono gli elementi che lo connotano? Ogni rispondente ha le sue risposte, in quanto genera una sua realtà unica e propria. I contenuti delle risposte per definire il “periodo di depressione” possono essere simili, ma mai uguali; il processo che genera quei contenuti, ovvero il come si costruisce il mondo, assume diverse forme, sfumature volta per volta.
Rosita Solarino - Psicologa e Mediatrice: Via Cavallotti, 35 Ispica (RG) 97014 - P.IVA 01726760885
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